Una reazione inaspettata 3

Era stato un pomeriggio veramente difficile per Violet. La sua mente le diceva che non avrebbe fatto nulla di male e che quelle preoccupazioni che aveva le potevano causare danni sul posto di lavoro per la sua distrazione, che avrebbe dovuto semplicemente concentrarsi e lasciar perdere i pensieri che la facevano vagare su James.

Il suo cuore però sapeva che quello che stava facendo era sbagliato, e che sarebbe caduta nella stessa trappola del pomeriggio precedente.

Quando finalmente arrivò l’ora di chiusura per l’ufficio, Violet non era riuscita a concludere nulla. Non aveva fame, aveva lo stomaco chiuso, nonostante non avesse mangiato nulla quel giorno, e si sentiva terribilmente accaldata.

Aveva dato appuntamento a James mezz’ora dopo la chiusura dell’ufficio, in modo che lui non rischiasse di incontrare nessuno dei suoi colleghi, quindi quando questi passarono nel suo ufficio a salutarla, lei finse di avere ancora molto lavoro da fare e di rimanere lì per terminarlo.

Quando l’ufficio rimase deserto mancavano ancora dieci minuti all’arrivo di James, quindi lei si alzò e si diresse di nuovo verso il bagno per darsi una sistemata: si sentiva disordinata e sottosopra, nonostante avesse rifatto il trucco e i capelli poche ore prima, quindi decise di sistemare entrambi di nuovo.

Finì giusto in tempo per sentire bussare alla porta del suo ufficio. Uscì dal bagno, chiudendo la porta dietro di sé, e aprì la porta del suo studio. Sulla soglia c’era James, sempre nei suoi Jeans larghi e scoloriti e nella sua immancabile felpa nera, che la osservava.

Violet arrossì al ricordo del loro ultimo incontro, ma ringraziò la sua carnagione scura per non permettere a James di capire quanto fosse imbarazzata da quell’incontro.

Si spostò dall’uscio dicendo “Prego, accomodati” e si diresse verso la scrivania, facendogli cenno di prendere posto in una delle sedie di fronte a questa.

“Posso offrirti qualcosa?” continuò Violet, indicando la bottiglia di Whisky che teneva sul mobiletto vicino alla scrivania.

“Si, grazie” rispose cordialmente James, mentre si accomodava.

Violet si diresse verso la bottiglia di vetro e versò un Whisky doppio a entrambi, poi ne mise uno davanti a James e portò il suo con sé, mentre si sedeva nella sua poltrona, di fronte a lui.

Le veniva da ridere: aveva vissuto mille volte quella scena, mentre negoziava con dei clienti o dei fornitori, ma mai a nessuno aveva offerto quello che aveva offerto a James la sera prima, e che gli stava offrendo anche adesso. Si maledì per quest’ultimo pensiero e accavallò le gambe sotto la scrivania, strusciando le cosce in modo più vicino possibile al suo intimo, per placare quell’iniziale eccitazione.

Prese un sorso dal suo bicchiere, sentendo il liquido fortemente alcolico che le ustionava la bocca e la gola, e poi proferì “Bene, che volevi dirmi?”

“Ho ripensato a ieri, a come ci siamo congedati. Sono stato ingiusto con te: mi hai fatto male quando eravamo ragazzi, ma adesso siamo adulti e tu sei sposata, quindi è assolutamente comprensibile il modo nel quale tu te ne sei andata. Abbiamo sbagliato entrambi a permettere che quello che è successo accadesse, ma abbiamo solo lasciato vincere certe attrazioni, e adesso che si sono placate non dovrebbero tormentarci più.” Detto questo James prese un lungo sorso dal suo bicchiere, facendo una smorfia quando il liquido raggiunse la gola “Bevi roba forte, eh?”

Violet si rilassò dopo le parole di James, lasciò libere le gambe dalla sua stretta e le distese sotto la scrivania, poi prese un altro sorso dal suo bicchiere e gli rispose “Beh, almeno in questo non metto del latte!”

La risata cristallina di James riempì la stanza: era contagiosa, e anche Violet sorrise.

“Si, effettivamente forse sei cresciuta un po’” disse lui, mentre allungava le gambe sotto la scrivania.

Così, involontariamente, le loro gambe si toccarono: entrambi si ritrassero velocemente, avevano sentito un brivido, lo stesso brivido del giorno precedente, ampliato dai ricordi delle loro gambe che si toccavano in modo più intimo, e del piacere che questo provocava a entrambi.

Si sentivano come scottati: abbassarono gli occhi e contemporaneamente svuotarono i bicchieri.

Calò un silenzio imbarazzato per qualche minuto, poi Violet si alzò e rifornì i bicchieri a entrambi.

Quando posò il bicchiere davanti a James, fece per girare di nuovo la scrivania e risedersi al suo posto, ma questi la tirò per un braccio e la fece cadere seduta sulle sue ginocchia.

Violet rimase interdetta: sapeva che doveva fermarlo, ma una parte di lei non voleva, avrebbe semplicemente voluto ripetere l’esperienza del giorno precedente.

Svuotò il secondo bicchiere tutto in un sorso e si costrinse a proferire “James, non possiamo…”.

Mentre lei diceva questo, però, lui si era già avventato sulle sue labbra e aveva spento quella debole protesta con la sua bocca.

Inizialmente Violet non rispose al bacio, ma invece provò a ritrarsi, ma le sue lievi proteste, insieme alle braccia di James che la stringevano più forte, la portarono alla resa: schiuse le labbra rispondendo al bacio, mentre lasciava che le sue mani prendessero posto tra i capelli biondi di lui.

James si alzò, sollevando anche Violet, e la poggiò sulla scrivania; lei allargò le gambe e avvolse il bacino di lui con le sue cosce.

La mente era stata messa da parte e si stavano di nuovo lasciando guidare dall’istinto: James tirò delicatamente i capelli crespi e scuri di Violet per avere libero accesso al suo collo, facendola gemere, mentre con l’altra mano vagava sulla sua gamba, sollevandole lo stretto tubino nero per insinuarvisi sotto.

Violet lasciò scorrere le mani sul petto di lui, ancora coperto dalla felpa, e una volta arrivata ai lembi di questa la tirò su, trascinando con quella anche la T-shirt che lui portava sotto, e lasciandole abbandonate in un angolo dello studio. Lasciò di nuovo scorrere le mani, questa volta sulla pelle nivea di lui, passando per le spalle, sulle quali notò il segno del morso che aveva lasciato il giorno prima.

Le cosa la stupì e contemporaneamente la eccitò ancora di più: non era solita lasciare segni quando stava con qualcuno, non era così passionale normalmente.

Iniziò a baciargli il collo e le spalle, mentre lui insinuava le mani sotto la camicetta di lei. Il tessuto iniziò a tendersi, mentre lei si contorceva sotto le sue carezze.

Si allontanò un attimo da James, per togliersi la giacca e avere maggiore libertà di movimento, e in quel momento lui rimase fermo a guardarla: aveva lo chignon sfatto, che lasciava cadere parte dei riccioli castani lungo la schiena, era affannata, aveva le labbra gonfie e arrossate dai loro baci e la gonna che era salita ben oltre il ginocchio.

Ma non vedeva solo questo in lei, per lui stare con lei andava oltre queste semplici cose: la voleva, aveva bisogno di lei come dell’aria nei polmoni, e sapeva benissimo che questa nuova necessità non avrebbe portato a nulla di buono. Ma in quel momento non gli importava, voleva solo sentirla con sé, ancora per quel poco che poteva.

Si avvicinò di nuovo al suo viso, lo prese con entrambe le mani e la baciò: era un bacio diverso da quelli che si erano dati fino a quel momento, pieno di sentimento, lo sapevano entrambi, ma decisero di ignorarlo.

Con la velocità con la quale quel momento di dolcezza era iniziato si dissolse: le mani di James abbandonarono il viso di Violet, una di queste si portò dietro la testa di lei e le sciolse completamente lo chignon, permettendo alla sua mano di impigliarsi tra i riccioli annodati di lei, mentre la seconda scese sull’allacciatura della camicetta, iniziando a tirarla quasi violentemente.

La camicetta, come loro d’altronde, non resistette molto a quella trazione, e così, sotto le mani di James, cedettero un paio di bottoni, mostrando una scollatura molto generosa e un reggiseno di pizzo sotto di essa.

Il ragazzo si avventò con sicurezza sul seno di lei, che si lasciò sfuggire un gemito più forte degli altri; intanto le sue mani erano scese sull’allacciatura dei jeans di lui, e con decisione, li avevano abbassati; James tirò ancora più su la gonna della ragazza, fino ad arrivare alle sue mutandine, e con decisione le sfilò, mentre lei gli abbassava anche i boxer.

Senza chiedere se fosse pronta o se lo volesse, perché era sicuro che entrambe le risposte erano affermative, la sollevò dalla scrivania e scivolò dentro di lei: in quell’istante gemettero l’uno nelle labbra dell’altro.





Dopo del tempo, nessuno dei due avrebbe saputo dire quanto, James la lasciò ricadere esausto sulla scrivania, mentre lui tornava a gettarsi indietro sulla poltrona.

La passione di quel momento era sparita, e di nuovo, entrambi, si trovavano vittime della ragione e dei sensi di colpa.

James abbassò lo sguardo verso i suoi piedi, e vi notò ancora i pantaloni e i boxer aggrovigliati intorno alle caviglie: li tirò su velocemente e recuperò il suo bicchiere di Whisky, prendendo una lunga sorsata. Intanto Violet aveva indossato di nuovo le mutandine e stava chiudendo i bottoni della giacca sopra la camicetta, che non avrebbe per nessun motivo potuto mostrare.

Si versò il terzo bicchiere di Whisky e si sedette nella sedia accanto a quella di James, poggiandogli sulle gambe la sua T-shirt e la sua felpa aggrovigliate, che aveva recuperato dal pavimento.

Rimasero in silenzio a sorseggiare il liquido fortemente alcolico, poi Violet prese la parola “Mi dispiace per il segno del morso di ieri, spero non ti causi problemi”.

James lasciò scorrere due dita sulla spalla sorridendo inconsciamente “Non sono i primi segni dei tuoi morsi che ho, e non mi hanno mai causato problemi”

“Questi sono diversi”

“Sì, non mi era mai piaciuto molto ricevere un morso da te, almeno fino a ieri” sorrise ancora, “ma adesso è più facile nasconderli rispetto a quando eravamo bambini, non devo più spiegarli a mia madre” e questa volta si mise a ridere apertamente.

Anche Violet sorrise: non sapeva perché si sentiva meno in colpa e meno a disagio del giorno precedente.

“Spero di non aver creato io a te problemi, invece…” riprese James, più serio.

“Non credo tu mi abbia lasciato segni” rispose Violet, cercando di guardarsi il petto e il collo, senza molto successo.

“Non era ai segni che mi riferivo…” rispose James, alzando le sopracciglia in modo eloquente.

Violet si fermò: adesso aveva capito; non avevano usato nessun tipo di protezione, entrambe le volte.

“Non lo hai fatto.” chiuse freddamente il discorso Violet. Non poteva esserne sicura, ma lui non doveva assolutamente saperlo, questo avrebbe solo complicato ulteriormente la situazione.

“Meglio così allora!” rispose lui, sollevato. Posò il bicchiere ormai vuoto sulla scrivania, indossò velocemente la T-shirt e la felpa e si alzò dalla sedia.

“Adesso devo andare, riparto domani mattina e ho ancora molte cose da sbrigare” disse senza guardarla. “Te lo dico anche se non mi crederai: non avevo assolutamente in mente questo quando ti ho contattata stamattina, ero sincero, volevo solo chiudere la cosa da vecchi amici” continuò poi, guardandola negli occhi.

“Ti credo” rispose semplicemente lei. Lo accompagnò fino alla porta dell’ufficio, ma quando James si sporse per abbracciarla, la ragazza si tirò indietro. Lui la guardò stranito e lei spiegò “Non è una grande idea toccarci, abbiamo già sperimentato cosa accade ogni volta che lo facciamo” gli pose la mano “meglio salutarci così, è la cosa meno sexy al mondo”.

James sorrise e le strinse la mano: la sua stretta era calda e forte, come le braccia di lui attorno al suo corpo. Si sbagliava, anche una stretta di mano con la persona giusta poteva essere eccitante.

Terminò velocemente quella stretta e con un ultimo “Buon viaggio” chiuse la porta dell’ufficio dietro di lui.


Angolo Autrice: pensate che la loro storia debba continuare o concludersi così? Fatemelo sapere nei commenti!

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